3 settembre 2012

L'adolescenza tra normalità e patologia


L’adolescenza è l’età del cambiamento, come la stessa etimologia della parola implica: adolescere significa “crescere” in latino. L’adolescenza è per sua stessa natura un’interruzione nella tranquillità della crescita, un periodo di passaggio dall’infanzia all’età adulta.
Come sottolinea E. Kestemberg, si dice spesso a torto che l’adolescente è allo stesso tempo un bambino e un adulto: in realtà egli non è più un bambino e non è ancora un adulto. Questo duplice movimento, rinnegamento della sua infanzia da una parte, ricerca di uno statuto possibile di adulto dall’altra, costituisce l’essenza stessa della “crisi”, del “processo psichico” che ogni adolescente attraversa.

Possiamo considerare l’adolescenza come una fase dello sviluppo, caratterizzata da una disarmonia più o meno temporanea e più o meno intensa, dovuta all’emergere di pressioni biologiche, psicologiche e sociali che, prima di potersi configurare in un assetto nuovo, si presentano necessariamente come disarmonia, come mancanza di integrazione, come sospensione tra un passato inattuale e un futuro appena abbozzato.
Uno dei compiti psichici centrali dell’adolescenza è quello di giungere ad un distacco dall’autorità genitoriale e dagli “oggetti infantili”.

Ma il diventare adulto implica anche la capacità di identificarsi con figure genitoriali e con alcuni aspetti della società senza che ciò comporti un sacrificio troppo grande delle pulsioni personali; o, in altri termini, implica la capacità di essere essenzialmente se stessi senza dover essere perciò antisociali.
I genitori, che sono tanto necessari in questa fase, si trovano disorientati nei riguardi del proprio ruolo. La provocazione mista alla dipendenza, talora anche ad una dipendenza estrema, fa apparire pazzesco e confuso il quadro dell’adolescenza.
I conflitti e le oscillazioni d’umore e gli eccessi sono a volte sufficientemente eclatanti da determinare comportamenti che alcuni genitori hanno così elencato:
Un adolescente normale è così inquieto e distratto da riuscire a farsi male alle ginocchia, non giocando a pallone ma cadendo dalla sedia nel mezzo di una lezione di francese.Un adolescente ha il sesso nella testa, e spesso in mano.Un adolescente normale elenca come obiettivi principali della sua vita: 1) porre fine alla minaccia dell’olocausto nucleare; 2) possedere cinque camicie ricamate firmate Ralph Lauren.Un adolescente normale passa dall’agonia all’estasi e ritorno, in meno di trenta secondi.Un adolescente normale (che adesso è in grado di compiere delle astrazioni logiche) può usare le nuove cognizioni per meditare su profondi temi filosofici ma può dimenticare regolarmente di vuotare la spazzatura.Un adolescente normale pensa che i propri genitori abbiano sempre torto oppure che non abbiano mai ragione.Un adolescente normale non è un adolescente normale se agisce in modo normale.
A proposito della “normale anormalità” dell’adolescente Anna Freud scrive: “E’ normale per un adolescente comportarsi per un considerevole lasso di tempo in modo incoerente e imprevedibile; lottare contro i propri impulsi e soddisfarli; tenerli con successo sotto controllo e farsi prendere la mano da essi, amare i genitori e odiarli; rivoltarsi contro di loro e dipendere da loro; essere profondamente imbarazzati nel salutare la madre e poi desiderare di parlare a cuore aperto con lei; imitare gli altri e identificarsi con loro e allo stesso tempo cercare senza tregua una propria identità; essere più idealista, artista, generoso e altruista di quanto lo potrà essere poi nella vita; ma essere anche l’opposto: egocentrico, egoista, calcolatore. Queste fluttuazioni tra gli estremi verrebbero giudicate come anormali in qualsiasi altro stadio della vita. In questo periodo non significano altro che ci vuole del tempo prima che emerga una struttura adulta della personalità…”

Sandra Gambardella
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